Sovraffollamento delle carceri italianeI rimedi risarcitori in favore dei detenuti che hanno scontato la pena in condizione di sovraffollamento e le modifiche all’ordinamento penitenziario minorile, introdotti dal decreto legge del 26 giugno 2014, n. 92.

Il 28 giugno 2014 è entrato in vigore il decreto legge n. 92 del 26 giugno 2014, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dello scorso 27 giugno.

Il provvedimento, oltre a prevedere un divieto assoluto di applicabilità della misura cautelare in carcere per le pene detentive non superiori a tre anni (novità di cui si è trattato in un altro approfondimento), contiene disposizioni urgenti in materia di rimedi risarcitori in favore dei detenuti e degli internati che hanno subito un trattamento in violazione dell’art. 3 della Cedu (Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali), nonché una importante modifica dell’ordinamento penitenziario minorile volta ad estendere il regime delle limitazioni della libertà personale, previsto per i minorenni, anche a coloro che durante l’esecuzione della pena hanno compiuto il diciottesimo ma non il venticinquesimo anno di età.

Invero, il decreto legge in esame si inserisce fra le azioni mirate a risolvere il grave problema del sovraffollamento delle carceri italiane e ad ottemperare così alle disposizioni dettate dalla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo nella sentenza dell’8 gennaio 2013 (causa Torreggiani e altri contro Italia). Con detta pronuncia la Corte di Strasburgo, dopo aver certificato il trattamento inumano cui taluni detenuti erano stati sottoposti in diverse carceri italiane, ha chiesto allo Stato italiano di garantire ad ogni persona rinchiusa in un istituto penitenziario uno spazio minimo di 4 metri quadrati, sufficientemente illuminato e pulito, e di assicurare, tramite le attività sociali all’interno del carcere, che il detenuto trascorra un buon numero di ore fuori dalla cella. Con la stessa pronuncia la Corte europea ha poi imposto all’Italia l’adozione di specifiche misure riparatorie in favore di quei soggetti che hanno scontato la pena in condizione di sovraffollamento.

Ecco allora che il recente decreto legge ha introdotto l’art. 35-ter nella legge n. 354 del 26 luglio 1975 (cosiddetta legge sull’ordinamento penitenziario), ai sensi del quale i detenuti o internati che hanno subito, per un periodo di tempo non inferiore a quindici giorni, un trattamento in violazione dell’art. 3 della Cedu (“Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”), possono ottenere, a titolo di risarcimento del danno, la riduzione della pena detentiva ancora da espiare pari ad un giorno per ogni dieci durante i quali è avvenuta la violazione del loro diritto ad uno spazio ed a condizioni adeguate.

I soggetti che hanno espiato una pena inferiore ai quindici giorni e coloro che non si trovano più in stato di detenzione (o la cui pena ancora da espiare non consente la detrazione per intero del beneficio appena descritto), invece, hanno diritto ad un risarcimento pari ad 8,00 euro per ciascun giorno di detenzione trascorsa in condizioni non conformi ai criteri di cui alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Come avere il risarcimento

Quanto all’azione diretta ad ottenere il risarcimento del danno, l’istanza deve essere presentata dal detenuto personalmente o tramite difensore munito di procura speciale. Coloro che non si trovano più in stato di detenzione o di custodia cautelare in carcere devono proporre l’azione, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla cessazione dello stato di detenzione o della custodia cautelare in carcere.

Entro il medesimo termine di decadenza di sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legge n. 92 del 2014, possono proporre l’azione per il risarcimento del danno coloro che hanno cessato di espiare la pena detentiva o non si trovano più in stato di custodia cautelare in carcere, nonché i detenuti e gli internati che hanno già presentato ricorso alla Corte europea per il mancato rispetto del richiamato art. 3 Cedu; in quest’ultimo caso la domanda di risarcimento dovrà indicare, a pena di inammissibilità, la data di presentazione del ricorso alla Corte di Strasburgo.

Il risarcimento del danno, nelle forme della riduzione della pena detentiva o della liquidazione di una somma di denaro, viene disposto dal magistrato di sorveglianza; il procedimento si svolge in camera di consiglio e si conclude con un decreto non soggetto a reclamo.

Condannati minorenni fuori dal circuito penitenziario degli adulti fino al venticinquesimo anno.

Un’altra puntuale modifica legislativa introdotta dal decreto legge in commento e diretta, anche questa, a far cessare la condizione di sovraffollamento carcerario, riguarda le norme di attuazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni, e precisamente l’art. 24 del d.lgs. n. 272 del 1989.

Viene infatti previsto che i condannati minorenni possano essere custoditi fuori dal circuito penitenziario degli adulti sino al raggiungimento, non già come accade oggi del ventunesimo anno di età, ma del venticinquesimo anno di età. In altre parole, le misure cautelari, le misure alternative, le sanzioni sostitutive, le pene detentive e le misure di sicurezza si eseguono secondo le norme e con le modalità previste per i minorenni anche nei confronti di coloro che nel corso dell’esecuzione abbiano compiuto il diciottesimo ma non il venticinquesimo anno di età.

Primi passi verso la civiltà: il risarcimento per il trattamento inumano in carcere