guida in stato di ebbrezza - tenuitàCome abbiamo anticipato in altro articolo (“Anche le ipotesi più gravi di guida in stato di ebbrezza e il rifiuto di sottoporsi all’alcoltest possono risultare non punibili per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p.”) le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono espresse circa il riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto anche al reato di guida in stato di ebbrezza con un tasso alcolemico compreso tra 0,8 e 1,5 g/l (art. 186, comma 2 lett. b, C.d.S.), al reato di guida in stato di ebbrezza con un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l (art. 186, comma 2 lett. c, C.d.S.), ed al reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza (art. 186, comma 7, C.d.S.).

Applicabilità dell’art. 131-bis c.p. al reato di guida in stato di ebbrezza

Enunciando numerosi principi di diritto relativi alla causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, le Sezioni Unite della Suprema Corte, con la sentenza n. 13681 del 25.02.2016 (depositata il 06.04.2016), hanno affermato che detta causa di non punibilità è compatibile con il reato di guida in stato di ebbrezza, caratterizzato dalla presenza di soglie di punibilità all’interno della fattispecie tipica, rapportate ai valori di tassi alcolemici accertati.

La Corte di Cassazione, dopo aver censurato le osservazioni del collegio rimettente che legavano il nuovo istituto al principio di offensività, ha sottolineato che il nuovo art. 131-bis c.p. persegue finalità connesse ai principi di proporzione ed extrema ratio, con effetti anche in tema di deflazione: lo scopo primario, infatti, è quello di espungere dal circuito penale fatti marginali che non mostrano alcun bisogno di pena e, dunque, alcuna necessità di impegnare i complessi meccanismi del processo.

Ed è lo stesso dato normativo a condurre a questa interpretazione. Il giudizio sulla tenuità del fatto richiede, invero, una valutazione complessa che ha ad oggetto le modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo: si richiede, in breve, una equilibrata considerazione di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, e non solo di quelle che attengono alla entità dell’aggressione al bene giuridico protetto. In via esemplificativa, nella valutazione delle modalità della condotta, il giudice dovrà considerare anche il concreto incidere sulla fattispecie concreta dell’elemento volitivo del reo, ossia dell’intensità del dolo o del grado della colpa. In altre parole, “non esiste un’offesa tenue o grave in chiave archetipica; è la concreta manifestazione del reato che ne segna il disvalore”.

La Suprema Corte ha altresì evidenziato che, se è vero che quanto più ci si allontana dalle soglie di rilevanza penale tanto più è verosimile che ci si trovi in presenza di un fatto non specialmente esiguo, è tuttavia altrettanto vero che “nessuna conclusione può essere tratta in astratto senza considerare le peculiarità del caso concreto”; insomma, nessuna presunzione è consentita. E per attribuire valore tangibile alla propria conclusione, la Corte ha poi riportato l’esempio – già svolto nella precedente sentenza n. 44132 del 2 novembre 2015 (e di cui si è trattato in altro articolo: “Non punibile per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p. anche la guida in stato di ebbrezza”) – di colui che, in stato di gravissima alterazione alcolica, si pone alla guida di un’auto all’interno di un parcheggio isolato, spostandola solo di qualche metro: appare chiaro che una tale fattispecie concreta, senz’altro tipica e connotata dall’offensività intrinseca dei reati di pericolo presunto, potrebbe facilmente essere riconosciuta come particolarmente tenue.

E ancora rinviando a quanto già sostenuto nella pronuncia n. 44132 del 2015, la Suprema Corte si è espressa negativamente anche contro le critiche relative alla ipotizzata disparità di trattamento tra le fattispecie penali di cui alle lettere b e c dell’art. 186, comma 2, C.d.S. e l’illecito amministrativo previsto alla lettera a della medesima disposizione: “l’illecito penale e quello amministrativo presentano differenze tanto evidenti quanto rilevanti, che delineano autonomi statuti”.

In ultimo, nella recente pronuncia n. 13681 del 25 febbraio 2015, le Sezioni Unite si sono pronunciate anche sulla questione della applicabilità o meno delle sanzioni amministrative accessorie, e precisamente della sospensione della patente di guida, in caso di riconoscimento della causa di esclusione della punibilità ex art. 131-bis c.p. Diversamente dalla più volte richiamata sentenza n. 44132 del 2015, che aveva ammesso l’applicazione delle sanzioni accessorie anche in caso di sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto, le Sezioni Unite hanno evidenziato che gli artt. 224 e 224-ter C.d.S. dispongono che nei casi di estinzione del reato per causa diversa dalla morte dell’imputato è l’amministrazione pubblica, ossia il Prefetto, ad applicare le sanzioni amministrative accessorie al reato di guida in stato di ebbrezza; hanno pertanto stabilito che in caso di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, “le sanzioni amministrative riprendono la loro autonomia ed entrano nella sfera di competenza dell’amministrazione pubblica”.

Ad ogni modo, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno escluso che si fosse in presenza di un fatto specialmente tenue ed hanno rigettato il ricorso dell’imputato: invero, il ricorrente appariva gravato da plurimi precedenti specifici, tali da escludere il requisito – necessario per il riconoscimento della causa di esclusione della punibilità ex art. 131-bis c.p. – della non abitualità del comportamento.

Applicabilità dell’art. 131-bis c.p. al reato di rifiuto di sottoporsi all’alcoltest

In modo del tutto simile, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13682 del 25.02.2016 (depositata il 06.04.2016), hanno stabilità che la nuova causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto può applicarsi anche al reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento alcolimetrico ex art. 186, comma 7, C.d.S. (come, peraltro, già enunciato nella precedente sentenza n. 33821 dell’01.07.2015).

Dopo aver escluso che il reato di rifiuto di sottoporsi all’alcoltest si risolva in una condotta di dissenso che è sempre uguale a sé stessa, la Suprema Corte ha osservato che “non è certo indifferente, nella ponderazione del fatto e del bisogno di pena, se un comportamento che si estrinseca in un mero rifiuto sia accompagnato da manifestazioni di irriguardosa e violenta opposizione o sia invece dovuto ad una non completa comprensione del contesto, ovvero a concomitanti esigenze personali socialmente apprezzabili”.

Inoltre, le Sezioni Unite della Cassazione hanno sottolineato come la valutazione sulla tenuità del fatto non è preclusa dalla natura di reato di pericolo astratto o presunto dell’illecito penale in questione. Se anche per i reati rientranti in questa categoria non è richiesta alcuna indagine in ordine alla effettiva pericolosità della fattispecie concreta, la Corte ha precisato che “resta pur sempre spazio per apprezzare in concreto, alla stregua della manifestazione del reato al solo fine della ponderazione in ordine alla gravità dell’illecito, quale sia… il concreto possibile impatto pregiudizievole rispetto al bene tutelato”.

Ad ogni modo, anche in questo caso le Sezioni Unite hanno rigettato il ricorso dell’imputato, escludendo che si fosse in presenza di un fatto specialmente tenue: il rifiuto, infatti, era stato deliberato e motivato dall’esito dell’indagine preliminare condotta dai Carabinieri che avevano fermato il ricorrente; inoltre, lo stato di alterazione era stato tanto marcato da consentire agevoli deduzioni circa la pericolosità della condotta di guida (forte alito vinoso, difficoltà di espressione, eloquio sconnesso, difficoltà di coordinamento dei movimenti, stato confusionale, equilibrio precario, andatura barcollante).

 

Non punibili per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p. anche i reati di guida in stato di ebbrezza e di rifiuto di sottoporsi all’alcoltest