Depenalizzazione e abrogazione di reati: l’intervista all’Avv. Francesco Lucino

depenalizzazione - intervista

Riportiamo il link a L’Indro – Approfondimento quotidiano indipendente, ove è possibile leggere l’articolo della giornalista Marianna Ferrenti che ha intervistato l’Avv. Francesco Lucino sul tema della depenalizzazione e della abrogazione di reati con conseguente introduzione di illeciti civili (http://www.lindro.it/depenalizzazione-reati-cittadino-sara-tutelato/)

Non sussiste l’aggravante di aver provocato un incidente stradale all’automobilista che rifiuta l’alcooltest

rifiuto alcooltest - incidente

Con la sentenza n. 46625 del 29.10.2015 (e depositata il 24.11.2015) le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno stabilito che non può considerarsi ubriaco l’automobilista che rifiuta l’alcooltest; pertanto, a quest’ultimo non può addebitarsi l’aggravante di aver causato un incidente stradale, prevista invece per il reato di guida in stato di ebbrezza all’art. 186, comma 2-bis, C.d.S., ed ostativa alla sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità.

Lavoro di pubblica utilità: non è necessaria l’indicazione dell’ente

lavoro di pubblica utilità

L’imputato che intende svolgere l’attività socialmente utile (artt. 186, comma 9-bis, e 187, comma 8-bis C.d.S.), in sostituzione della pena pecuniaria e detentiva comminata per i reati di guida in stato di ebbrezza o guida sotto l’effetto di stupefacenti, non deve necessariamente indicare l’ente presso cui svolgere il lavoro. Così la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 34090 del 04.08.2015, ha annullato la sentenza della Corte d’Appello di Milano che aveva confermato la condanna dell’imputato per guida in stato di ebbrezza, negando la sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità per mancata indicazione da parte del richiedente dell’ente presso cui svolgere l’attività. Tale onere, invero, non è previsto dall’art. 186, comma 9-bis, C.d.S. (né dall’art. 187, comma 8-bis, C.d.S.), ove si prescrive solo che l’imputato non si opponga alla sostituzione.

La procedura di voluntary disclosure

voluntary disclosure

Con la procedura di voluntary disclosure o collaborazione volontaria il contribuente infedele si autodenuncia al Fisco, documentando i redditi detenuti all’estero in violazione delle disposizioni sul monitoraggio fiscale, od occultati in Italia: oggetto della procedura di regolarizzazione sono dunque tutti i beni celati all’Erario, posseduti dal ‘collaborante’ in Italia o all’estero. Detta procedura può essere attivata fino al 30 settembre 2015 e può riguardare le violazioni commesse sino al 30 settembre 2014.

Effetti penali della collaborazione volontaria (o voluntary disclosure)

voluntary disclosure

Lo Studio legale Lucino, unitamente all’Avv. Matteo Faggioli e all’Avv. Andrea Ferrari, si occupa da tempo di collaborazione volontaria o voluntary disclosure. La legge 186/2014 ha stabilito che la procuedura di collaborazione volontaria esclude la punibilità da taluni reati all’evasore che regolarizza attività finanziarie e patrimoniali illecitamente costituite o detenute nel territorio dello Stato o fuori di esso. Fra le fattispecie di reato, espressamente indicate dalla legge, delle quali non risponde colui che presta la collaborazione volontaria, vi sono i delitti tributari di cui agli artt. 2, 3, 4, 5, 10-bis e 10-ter d.lgs. 74/2000 e i delitti di cui agli artt. 648-bis, 648-ter e 648-ter.1 c.p.

L’affidamento in prova al servizio sociale

affidamento in prova al servizio sociale

L’affidamento in prova al servizio sociale, quale misura alternativa alla detenzione in carcere, è disciplinato dall’art. 47 della legge n. 354 del 1975 sull’ordinamento penitenziario, e consiste nell’affidare il condannato ad un servizio sociale fuori dall’istituto penitenziario per un periodo uguale a quello della pena da scontare. A seguito del decreto legge 146/2013 (c.d. svuota-carceri), convertito nella legge 10/2014, il limite di pena per poter beneficiare dell’istituto dell’affidamento in prova è stato innalzato da 3 a 4 anni. Inoltre, perché venga concessa, la misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale deve contribuire alla rieducazione del reo ed assicurare la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati.