Con la sentenza n. 24462 del 06.05.2015 la Corte di Cassazione, sezione IV penale, ha annullato senza rinvio la pronuncia di condanna per omicidio colposo, in seguito ad incidente stradale, dopo aver ritenuto che non sussiste in capo all’imputato l’elemento della colpa quando l’evento verificatosi non concretizza il rischio che la regola cautelare violata mira a prevenire.
Prima di approfondire il caso concreto e le interessanti argomentazioni della Suprema Corte nella sentenza in esame, deve precisarsi che la legge n. 41 del 23 marzo 2016 ha introdotto nel nostro ordinamento le due nuove fattispecie di omicidio stradale (art. 589-bis c.p.) e di lesioni personali stradali gravi o gravissime (art. 590-bis c.p.). Poiché la vicenda al vaglio della Cassazione è precedente all’entrata in vigore della citata legge, la normativa cui di seguito si fa riferimento è quella, ante riforma, dell’art. 589, commi 1 e 2, c.p. Per un approfondimento sulle novità recentemente introdotte dalla legge 41/2016 si rinvia all’articolo, anzitempo pubblicato, “I reati di omicidio stradale e di lesioni personali stradali”.
Il caso concreto
L’imputato era stato condannato dal Tribunale di Salerno, con sentenza poi confermata dalla Corte d’Appello di Salerno, per i reati di cui agli artt. 589, commi 1 e 2, c.p. e 186, comma 2 lett. b), C.d.S. perché, in stato di ebbrezza alcolica, viaggiando con il suo autocarro da rimorchio, lungo la strada panoramica della costiera amalfitana, in un giorno ed in un orario in cui non avrebbe potuto circolare ai sensi dell’art.1 del D.M. Trasporti del 14 dicembre 2007, aveva cagionato la morte della donna trasportata a bordo del motociclo condotto dal di lei marito, che veniva prima investito e successivamente trascinato per alcuni metri.
La sentenza n. 24462 del 06.05.2015 della Corte di Cassazione, sezione IV penale
In merito alla imputazione di guida in stato di ebbrezza, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata per intervenuta prescrizione del reato. Quel che qui più interessa è, tuttavia, la statuizione della Suprema Corte sulla insussistenza del reato di omicidio colposo commesso con violazione delle norme in tema di circolazione stradale.
I giudici di legittimità hanno evidenziato che entrambe le sentenze di merito, dopo aver escluso che l’imputato viaggiasse ad una velocità superiore al limite vigente e dopo aver riconosciuto il concorso di colpa del conducente del motociclo, erano pervenute alla statuizione di condanna sulla base di un unico addebito, ossia il fatto che l’imputato al momento del sinistro non avrebbe potuto circolare, non essendo consentita sino alle 24.00 della domenica la circolazione degli autoarticolati ai sensi del D.M. Trasporti 14 dicembre 2007, art. 1.
“Osserva la Corte: l’applicazione del principio di colpevolezza esclude qualsivoglia automatismo rispetto all’addebito di responsabilità e si impone la verifica, in concreto, della violazione da parte di tale soggetto non solo della regola cautelare (generale o specifica), ma, soprattutto nel caso di specie, della prevedibilità ed evitabilità dell’evento dannoso, che la regola cautelare mirava a prevenire (la c.d. concretizzazione del rischio)”. In altre parole, l’individuazione della responsabilità penale impone di verificare, non soltanto se la condotta abbia concorso a determinare l’evento (che si risolve nell’accertamento della sussistenza del nesso causale) e se la condotta sia stata caratterizzata dalla violazione di una regola cautelare sia essa generica o specifica, ma anche se l’autore della stessa potesse prevedere, con giudizio ex ante quello specifico sviluppo causale e potesse attivarsi per evitarlo.
È noto, infatti, che l’elemento della colpa si compone di una doppia struttura: una prettamente oggettiva che si sostanzia nella violazione della regola cautelare diretta a prevenire ed evitare la lesione di beni giuridici, ed una strettamente soggettiva che si compone dell’indagine sulla prevedibilità ed evitabilità dell’evento non voluto, nonché sull’esigibilità di un comportamento alternativo lecito.
Dunque, “la violazione della regola cautelare e la sussistenza del nesso di condizionamento tra la condotta e l’evento non sono sufficienti per fondare l’affermazione di responsabilità, giacché occorre anche chiedersi, necessariamente, se l’evento derivatone rappresenti o no la ‘concretizzazione’ del rischio che la regola stessa mirava a prevenire; e se l’evento dannoso fosse o meno prevedibile, da parte dell’imputato (Cass. Sez. 4, n. 43966 del 06.11.2009, dep. 17.11.2009, rv. 245526). Come è noto, infatti, la prevedibilità ed evitabilità del fatto svolgono un articolato ruolo fondante: sono all’origine delle norme cautelari e sono inoltre alla base del giudizio di rimprovero personale”.
E ancora la Corte precisa che “…la responsabilità colposa non si estende a tutti gli eventi che comunque siano derivati dalla violazione della norma, ma è limitata ai risultati che la norma stessa mira a prevenire…. L’accadimento verificatosi deve cioè essere proprio tra quelli che la norma di condotta tendeva ed evitare, deve costituire la concretizzazione del rischio. L’individuazione di tale nesso consente di sfuggire al pericolo di una connessione meramente oggettiva tra regola violata ed evento”.
Tanto premesso ed argomentato, i Giudici di legittimità ritengono che la normativa regolamentare, che l’imputato avrebbe violato con la circolazione al momento del sinistro, appare volta a tutelare le esigenze del traffico veicolare sulla costiera amalfitana, e non espressamente a prevenire eventuali sinistri. Ritengono poi del tutto ininfluente, alla luce della ricostruzione del sinistro stradale come operata dai Giudici di merito, la circostanza che l’imputato si fosse posto alla guida versando in stato di ebbrezza alcolica.