cassazione - tenuità del fattoDal 2 aprile 2015 è in vigore il nuovo art. 131-bis c.p., introdotto dal d.lgs. n. 28 del 2015, che consente di escludere la punibilità del reato in caso di particolare tenuità del fatto (sui contenuti specifici della nuova disposizione – che nulla ha a che fare con la depenalizzazione – è ampiamente trattato in altri articoli anzitempo pubblicati: “La non punibilità per particolare tenuità del fatto: possibile ‘depenalizzazione’ di reati minori?”; “Ancora in attesa della entrata in vigore dell’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto”; e “La non punibilità per particolare tenuità del fatto introdotta dal decreto legislativo n. 28 del 16 marzo 2015”).

La pronuncia della Corte di Cassazione n. 15449 dell’8 aprile 2015: applicabilità dell’art. 131-bis c.p. anche ai procedimenti in corso alla data della sua entrata in vigore

Sull’istituto recentemente introdotto si è già espressa la Corte di Cassazione, sezione III penale, con la sentenza n. 15449 dell’8 aprile 2015 (depositata il 15 aprile 2015).

Nel corso del giudizio di legittimità, relativo alla commissione nel 2009 del reato tributario di cui all’art. 11 d.lgs. 74/2000 (sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte), il difensore dell’imputato aveva chiesto il riconoscimento nel caso di specie del nuovo art. 131-bis c.p., in quanto legge più favorevole al reo che, come tale, si applica retroattivamente anche alle ipotesi di reato precedenti alla legge.

La Suprema Corte, dopo aver dato atto che il d.lgs. 28/2015 non ha previsto una disciplina transitoria, ha sottolineato la natura sostanziale della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, che consente la retroattività della legge più favorevole al reo secondo quanto dispone l’art. 2, comma 4, c.p. (“Se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile”).

Ha altresì precisato che nei giudizi pendenti in sede di legittimità alla data della entrata in vigore dell’art. 131-bis c.p., la questione della sua applicabilità è rilevabile d’ufficio a norma dell’art. 609, comma 2, c.p.p. Poiché, tuttavia, l’applicabilità del nuovo istituto presuppone valutazioni di merito (oltre che la necessaria interlocuzione dei soggetti interessati), nel giudizio di legittimità dovrà preventivamente verificarsi la sussistenza, in astratto, delle condizioni per il riconoscimento della causa di non punibilità in questione, procedendo poi, in caso di valutazione positiva, all’annullamento della sentenza impugnata con rinvio al Giudice di merito affinché valuti se dichiarare il fatto non punibile.

Se una tale procedura si impone per legge e potrà essere positiva per l’imputato, contrasta però – a nostro parere – con le esigenze di economia processuale che hanno ispirato l’introduzione nel nostro ordinamento dell’art. 131-bis c.p., volto alla rapida definizione di quei procedimenti penali che hanno per oggetto fatti penalmente rilevanti caratterizzati da una complessiva tenuità del fatto.

Nel caso di specie la Corte di Cassazione, dopo aver verificato la rispondenza della fattispecie incriminatrice di cui all’art. 11 d.lgs. 74/2000 con i limiti di pena indicati nella nuova disposizione, ha escluso l’esistenza dei presupposti per l’applicabilità della causa di non punibilità, ossia della tenuità del fatto (articolata sulla modalità della condotta e sulla esiguità del danno o del pericolo) e della non abitualità del comportamento.

È interessante sottolineare come la Suprema Corte ha precisato che nella valutazione della sussistenza delle condizioni per l’applicabilità dell’art. 131-bis c.p., e dunque per decidere dell’eventuale annullamento della sentenza impugnata e del conseguente rinvio al Giudice di merito, “il giudice di legittimità non potrà che basarsi su quanto emerso nel corso del giudizio di merito tenendo conto, in modo particolare, della eventuale presenza, nella motivazione del provvedimento impugnato, di giudizi già espressi che abbiano pacificamente escluso la particolare tenuità del fatto, riguardando, la non punibilità, soltanto quei comportamenti (non abituali) che, sebbene non inoffensivi, in presenza dei presupposti normativamente indicati risultino di così modesto rilievo da non ritenersi meritevoli di ulteriore considerazione in sede penale”.

Le prime pronunce di non punibilità per particolare tenuità del fatto da parte dei Giudici di merito

Dallo scorso 2 aprile plurime sono state le applicazioni, da parte dei Giudici di merito, della nuova causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto.

Fra queste, la pronuncia del Giudice per le Indagini Preliminari di Belluno, proprio del 2 aprile 2015, con cui è stata dichiarata la non punibilità di un imputato del reato di false dichiarazioni sulla identità (art. 496 c.p.), reato punito con la reclusione da 1 a 5 anni. Più precisamente, il G.I.P. ha dichiarato il non doversi procedere, stante la sussistenza della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, di un soggetto che, fermato dalle Forze dell’Ordine mentre in stato di ebbrezza si trovava alla guida di un veicolo, aveva fornito un nome di fantasia ed una data di nascita falsa, con l’intento di ‘prendere in giro’ gli agenti.

 

Prime pronunce sulla non punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p.