guida sotto l'effetto di drogheAbbiamo già trattato del reato di guida in stato di alterazione psico-fisica per l’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, di cui all’art. 187 C.d.S., e in particolare sulla prova della sussistenza di questo reato, in altri articoli (“La prova del reato di guida in stato di alterazione psico-fisica per l’uso di sostante stupefacenti” e “Guida in stato di alterazione psico-fisica per l’uso di sostanze stupefacenti”).

Torniamo ora sul tema per riportare la recente sentenza della Corte di Cassazione, sezione IV penale, n. 35334 del 24 agosto 2015 (ud. 12 giugno 2015), che, in linea con le precedenti pronunce, ha ribadito il principio per cui ai fini del giudizio di responsabilità per il reato di cui all’art. 187 C.d.S., è necessario provare non solo la precedente assunzione di sostanze stupefacenti ma anche che l’agente abbia guidato in stato di alterazione causato da tale assunzione.

Non basta a fondare la penale responsabilità ex art. 187 C.d.S. l’esito positivo dell’analisi delle urine

Nel caso di specie, il conducente di un’autovettura era stato condannato per il reato di guida sotto l’effetto di droghe perché, sottoposto all’esame delle urine, era risultato positivo alla cocaina.

Poiché la condotta tipica della contravvenzione in commento è quella di colui che guida in stato di alterazione psico-fisica determinato dall’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, e non semplicemente quella di chi guida previa assunzione di tali sostanze, la Suprema Corte ha annullato la sentenza di condanna. Ha così affermato che ai fini dell’affermazione della penale responsabilità per il reato di guida in stato di alterazione psico-fisica, l’esito positivo dell’analisi chimica delle urine non è sufficiente se non è accompagnato da una visita medica di supporto che accerti che il conducente abbia effettivamente guidato sotto l’effetto di stupefacenti.

L’impossibilità di basare una condanna ex art. 187 C.d.S. sul solo accertamento tossicologico delle urine deriva, come abbiamo più volte sottolineato, dal fatto che le tracce delle sostanze stupefacenti permangono a lungo nell’organismo, sicché l’esame tecnico potrebbe avere un esito positivo anche in relazione ad un soggetto che ha assunto la sostanza giorni addietro e che, pertanto, non si trova in stato di alterazione mentre è alla guida del veicolo.

Nel caso concreto, non solo non era stata effettuata alcuna visita medica ma non sussistevano nemmeno altri elementi (indici sintomatici come il parlare sconnesso o un’ingiustificata euforia), che consentivano di ritenere che il conducente avesse guidato sotto l’effetto di droghe.

L’esito positivo dell’esame delle urine non basta a configurare il reato di cui all’art. 187 C.d.S.